L’atto generativo è composto da dinamiche complesse e spesso misteriose anche per il creativo stesso, e spiegare la genesi di un’idea, un’intuizione o un progetto potrebbe rivelarsi un’impresa che rasenta l’impossibile. Quello che è certo è che si tratta di un’esperienza estremamente personale e che non solo funziona per ognuno diversamente, ma la stessa persona potrebbe ritrovarsi a far accendere la proverbiale lampadina in modi sempre diversi, poco prevedibili né controllabili.

Mi rendo conto che potrei scatenare l’invidia di molti confessando che, se c’è una cosa che non mi è mai mancata nel mio lavoro, è proprio l’abbondanza di idee: il problema è che spesso sono troppe, incoerenti, non pertinenti e potenzialmente dispersive, perciò una delle capacità che mi sono trovata ad allenare negli anni è stata senza dubbio la focalizzazione, nonché l’arte del “lasciare andare” quello che è di troppo, anche se si tratta di cose belle di per sé, ma non in linea con i miei obiettivi o con la poetica che ho scelto di seguire.

Personalmente vivo l’ispirazione un po’ come se fosse un bussolotto del Bingo, di quelli in cui le palline con i numeri vorticano tutti insieme finchè non ne saltella fuori uno dal marasma generale e si allinea a tutta una serie di altri numerini che erano cicciati fuori nel tempo più o meno alla stessa maniera.

In realtà a posteriori posso dire che la ratio secondo cui saltellano fuori determinate palline piuttosto che altre è tutt’altro che casuale e che anzi, a volte vorticano nel bussolotto anche per anni, maturando e mutando, oppure attendendo solo il momento propizio o l’arrivo di tutta un’altra serie di altri numerini che gli diano finalmente un senso.

Ma nel bussolotto come ci sono finiti?

Vivendo.

Guardando.

Leggendo.

Girando e osservando.

Ascoltando.

Scoprendo e registrando mentalmente tutto quello che mi piace, che mi salta all’occhio, che mi emoziona, che mi attira… qualsiasi cosa, veramente QUALSIASI.

 

Se i numeri del bingo arrivano a 90, nel mio bussolotto mentale credo le palline si attestino su qualche miliardo o giù di lì.

La mia testa, i miei occhi ed il mio cuore funzionano come uno scanner: giro spesso avida di dettagli e spunti praticamente in ogni dove.

Nei luoghi che visito, nei post dei social, nei film, nell’accostamento dei tessuti indossati dalle persone che mi passano davanti, nel loro stare nel mondo e nello spazio, nelle architetture, nella natura…

 

Ma soprattutto nei ricordi e negli oggetti che popolano la mia memoria con al primo posto, sopra ogni cosa, la casa dei miei nonni: il luogo in cui ho trascorso la maggior parte della mia infanzia giocando in cortile, leggendo, pastrocchiando, imparando a cucire, guardando vecchi film ed esplorando soffitte ed armadi pieni di tessuti e di cose impolverate.

Ci ho messo un sacco di tempo ad ammettere che il fulcro di tutto il mio immaginario sia nato lì, e soprattutto che meriti di essere messo al centro di quello che voglio mostrare al mondo, senza stare a scimmiottare quello che va per la maggiore nei vari settori e contesti, senza cercare di prendere da fuori quello che non mi appartiene solo perchè penso che sia quello che la gente desidera e si aspetta.

Nell’ultima collezione, ad esempio, mi sono finalmente arresa alla dirompenza di questo bagaglio e l’ho lasciato sgorgare copiosamente cedendogli completamente il timone: mia nonna amava guardare film e cartoni animati con me e con i miei fratelli, a volte andavamo a sceglierli in una videoteca poco distante ma più spesso invece attingevamo dalla raccolta della sua bacheca, ed uno dei titoli che abbiamo praticamente consumato è stato senza dubbio “Il Giardino Segreto”, film del 1993 con una già anzianotta Meggie Smith.

Confessione commovente: l’ultima ubicazione di questa collezione di videocassette è stato un mobiletto per la tv che avevamo dipinto insieme di celeste, che ho portato anni fa nel mio vecchio laboratorio e che si è fatto quasi 700 km in furgone per essere proprio qui davanti a me nel momento in cui sto scrivendo.

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Solitamente ho una serie di temi plausibili a mente, salvati in bacheche di Pinterest o cartelle mentali, che magari scelgo o adatto a determinati argomenti o input che voglio esplorare o trasmettere in un determinato momento. Questa collezione, invece, ha fatto tutto da sola: si è piantato questo tema al centro della mente e per qualche misterioso motivo e non c’è stato verso di interrogare il mio cervello per sapere se per caso non volessimo considerare anche altre alternative, qualcosa di più semplice, magari.

E invece no. Sarà che nella mia attuale fase di vita (in estrema rivoluzione) il processamento e la pacificazione con il mio passato e con la me “bambina” si stanno rivelando un passaggio fondamentale per la scelta dell’adulta che voglio essere, sarà che il bussolotto se le rigirava da trent’anni queste palline e non ne poteva più, fatto sta che il mio subconcsio ha scelto per me e la collezione dedicata al Giardino Segreto alla fine è arrivata fino a noi.

Come abbiamo visto quello che nutre davvero il lavoro di un creativo è si lo studio e la ricerca, ma più spesso e più efficacemente il proprio vissuto e la capacità di lasciar emergere tutte le sfumature di cui siamo composti generando qualcosa di nuovo e personale.

 

…Ok ma come si passa dallo scegliere un tema al creare una collezione?

 

Ottima domanda, che prevede una risposta decisamente dettagliata, e che quindi affronteremo con tutta calma nel prossimo articolo del blog!

A prestissimo e grazie di avermi letto fin qui!

 

Noemi

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