La versione arredata di te

Devo confessare una cosa: faccio davvero fatica a capire le persone che non sentono il bisogno di personalizzare il posto in cui vivono. Non perchè non lo condivida (anzi un po’ forse lo invidio), ma perchè non riesco proprio ad immaginare come ci si senta o ad immedesimarmi nel loro punto di vista.

Per me si tratta, invece, di una necessità estremamente pratica e presente, e nei casi in cui non ne abbia la possibilità avverto un costante senso di frustrazione e fastidio.

C’è un bug in un certo tipo di pensiero popolare secondo cui, soprattutto quando a farlo è una donna in una casa condivisa con altre persone, questo viene interpretato come invadenza ed in un certo senso mania di protagonismo, ma personalmente trovo sia uno stereotipo tanto miope quanto maligno: almeno per quello che riguarda me, la decorazione e l’organizzazione degli ambienti ha ben poco a che fare con la conquista del territorio e decisamente tutto a che vedere invece con la cura, con l’amore e l’accoglienza (doti senza genere, ricordiamocelo).

Quando ho aperto il mio primo laboratorio non vedevo l’ora di manifestare in quel piccolo bugigattolo quello che volevo far percepire alle persone già dal primo passo: il budget non sarebbe potuto essere più ridotto e tutte le soluzioni sono state creative, autoprodotte ed a tratti un po’ accroccate ma quasi nessuno restava indifferente ed i commenti che ricevevo più spesso parlavano di un posto che accoglieva come una casa, ed un ambiente che era a tutti gli effetti la versione arredata di me.

Il mio approccio con gli spazi è sempre rimasto lo stesso, non solo perchè comunicano efficacemente al prossimo tutta una serie di valori e sensazioni, ma soprattutto perchè permettono a me di lavorare e vivere con la disposizione d’animo di cui ho bisogno.

Sicuramente non per tutti nella stessa misura, ma gli spazi che viviamo influiscono in maniera estremamente permeante sulla nostra visione del mondo, la nostra ispirazione ed il nostro umore, non meno delle persone di cui siamo costantemente circondati.

 

Credo sia per questo che amiamo tanto le riviste di arredamento: senza dubbio esiste una buona fetta di persone che fa di tutto questo uno status, ed ispirarsi ad un determinato tipo di ambiente diventa un po’ come dire di essere all’altezza di certe aspettative, ma il mondo è fortunatamente molto più complesso di così, e secondo me spesso sfogliare per ore foto di case altrui, altro non è che assorbire le sensazioni e le suggestioni di quei posti, viaggiando tra vite e mondi, meravigliosi e distanti.

 

Forse anche un po’ sentirsi qualcun altro per qualche minuto, perchè no? Lo trovo un esercizio estremamente produttivo per l’empatia e lo spirito critico.

Naviglio Martesana, Milano

Personalmente niente mi dona momenti di pace interiore e soddisfazione quanto osservare un angolo o uno scorcio di casa o di laboratorio in cui tutto mi piace, tutto mi rappresenta, tutto mi parla. Anche nel caos della vita quotidiana, anche nell’imperfezione, ci sono cose che mi dicono costantemente: tu sei a casa, questo è il tuo posto, puoi essere felice.

 

Con la mia formazione da graphic designer ho sempre avuto rispetto per l’idea che la progettazione di ambienti sia composta di tante nozioni e regole che ignoro completamente, ma con l’esperienza maturata negli anni sull’accostamento di colori, materie e fantasie, sulla composizione e sulla progettazione visiva delle emozioni, ho trovato sempre molto divertente trasportare le stesse cose un po’ in tutti gli ambiti della mia quotidianità.

 

In realtà ho spesso vissuto la mia creatività come qualcosa di un po’ scontato, anche un po’ da contenere appunto per non “invadere” e per non “eccedere”, e soltanto di recente sto concedendo a me stessa il privilegio di riconoscere che il fatto che io non riesca a non metterci del mio, che viva tutto in maniera estremamente personale, che spesso trasformi quasi senza volerlo le cose ed i posti con cui entro in contatto, sia in realtà una qualità tutt’altro che da sminuire e contenere.

 

Non è sempre facile, per chi non si sente “standard” prendersi il proprio spazio: si cede magari per sensibilità alla tentazione di nascondersi un po’ e limitarsi, perchè l’esposizione di se stessi è rischiosa e si potrebbe non piacere.

Bene.

Cominciare da casa propria mi sembra esattamente il perfetto campo di sperimentazione libera per provare a capire un po’ com’è che ci si sente a riconoscersi nel mondo, e chi già lo fa sono sicura che lo possa confermare.

 

Sicuramente non piace a tutti, anzi magari piace davvero a pochi, quello che realizzo io o quello che può realizzare ognuno/a di voi mettendo insieme ciò che ci fa vibrare, sentire a casa e riconoscere in un angolo di universo, ma questo perde quasi completamente ogni rilevanza davanti a quella grande conquista di sé stessi fatta attraverso la scelta consapevole delle piccole cose, attraverso la ricerca delle storie negli oggetti e la volontà di custodire sensazioni e ricordi,

 

Sono pronta a scommetterci.

 

 

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