Scegliere di somigliarsi

 

Nella favola di Esopo il topolino di campagna e quello di città, dopo essersi scambiati di posto, comprendevano il valore di ciò che avevano lasciato a casa e decidevano di tornare nelle rispettive condizioni di partenza. Io da quando ho iniziato a partecipare a tutto ciò che mi attira della vita milanese mi sono sentita spesso come un topolino di campagna in mezzo a gente più colta, più inserita, più intelligente… Ed è proprio questo che mi ha
definitivamente convinta di trovarmi esattamente dove voglio essere.

L’opportunità di osservare da vicino ed immergermi in situazioni che possono solo farmi crescere è esattamente quello che ricercavo disperatamente da anni.

Per non parlare di tutti gli stimoli, le connessioni e l’ispirazione che possono provenire dalle esperienze più disparate, e che modificano anche la percezione che ho di me stessa:
C’è una grande differenza quando a farti da specchio è “il mondo che ti fai”*
e non più il mondo che ti ritrovi.

 

Spesso, forse a causa dei percorsi “standard” che pensiamo di dover seguire per andare avanti nella vita, ci si ritrova con un gran cesto di incombenze che nemmeno ci siamo scelti e che ci fanno sentire distanti anni luce da quello che vorremmo realmente fare ed essere, da quello di cui sentiamo di aver bisogno. Nei casi peggiori diventano dei veri e propri blocchi, dei labirinti concentrici in cui tutto sembra essere collegato senza
soluzione (esperienza personale), ma anche in assenza di grandi ostacoli e problemi veri e propri è abbastanza frequente avere la sensazione di essere finiti in un posto che non ci calza proprio come vorremmo.

Io ero una di quelle persone convinte di dover tenere la testa bassa e prendersi quello che passa la mensa senza fiatare (che già è una fortuna così), poi attraverso una serie di cambi di prospettiva (ed un percorso di terapia) ho cominciato a capire di poter fare ogni volta delle piccole grandi scelte.

Soprattutto ho finalmente creduto di poter mirare alla persona che voglio essere partendo dalle mie attitudini, bisogni e potenzialità.

Sembra banale, ma se ci pensiamo è il percorso opposto rispetto a quello che ci viene suggerito crescendo con i modelli ideali ed irraggiungibili che i media ripropongono ad ogni piè sospinto. 

 

È vero, le circostanze che mi hanno portato ad essere qui sono solo in piccola parte dovute a cose controllabili da me, ma mi sono resa conto che se ad un certo punto della mia vita non mi fossi data il permesso di desiderare quello di cui ho bisogno, se non avessi cominciato a spingere e ad orientare ogni singolo pezzettino verso una direzione precisa, se non avessi dato un volto a quella direzione, le occasioni non mi avrebbero incrociata, il caso non mi avrebbe trovata pronta ed io di certo adesso non sarei qui.

 

“Il caso favorisce solo le menti preparate”, diceva Pasteur.

 

 

La mia è l’esperienza di un grande cambiamento, almeno rispetto al mio punto di partenza, ma credo non ci sia bisogno di stravolgere la propria vita per guardarsi un attimo intorno e chiedersi: “questa cosa l’ho scelta io?” e soprattutto “questa cosa mi somiglia?”.

 

Anche cominciare a pensare di avere il diritto di riconoscersi nelle cose e nelle situazioni in cui abitiamo non è mica banale: vuol dire un minimo doversi guardare, capire come siamo fatti, piacerci e accettare di influire sul mondo circostante in una società che ci dice che per andare bene devi essere fatto in un modo che tutti capiscono, approvano e condividono. Diverso/a da come sei, ovviamente, e possibilmente senza pestare i piedi a nessuno.

 

Fortunatamente oggi abbiamo a disposizione un universo di fonti e piattaforme che rendono possibile una scelta di riferimenti incredibilmente più ampia di quella che ad esempio avevo io a 16 o 20 anni, seppur nel marasma generale. Bisogna però – per l’appunto – applicare una selezione e chiamare in causa un minimo di consapevolezza.

Naviglio Martesana, Milano

Quando ho iniziato a guardarmi ho imparato a vedere le cose di me che mi piacciono e quelle su cui invece c’è da lavorare, perchè somigliarsi non vuol dire restare fermi in un punto e trincerarsi dietro quello con cui siamo in sintonia lasciando fuori tutto il resto, al contrario: vuol dire aprire un dialogo osmotico col mondo in cui a parlare è la tua vera voce e ad entrare sono tutte le cose che ti arricchiscono e ti avvicinano alla persona che senti di voler essere, ma sempre a partire da te.

Vuol dire anche muoversi riconoscendo i limiti e le potenzialità dei luoghi, degli ambienti e delle frequentazioni che troppo spesso siamo convinti di dover subire o di non poter cambiare.

 

Il mio lavoro è sempre coinciso con la mia crescita personale, e sta evolvendo in una ricerca sempre più profonda (e faticosa) dei valori e delle emozioni che voglio trasmettere attraverso di esso, suggestioni che mi appartengono e che vorrei esprimere perché le persone lì fuori ci si possano riconoscere per vibrare insieme.

Per fare questo ho bisogno da un lato di assorbire immagini, oggetti, ambienti, conoscenze… Dall’altro di scavare piano piano dentro di me come un’ archeologa alla ricerca di delicati tesori da fare emergere dal profondo.

 

L’ispirazione professionale e la riflessione personale corrono quindi spesso sullo stesso binario, ed io in questo momento sono in una sorta di fase bulimica in cui – compatibilmente col tempo a disposizione – cerco di assaggiare, sperimentare, assorbire tutto quello che mi piace e mi nutre, come in una sorta di ebbrezza immersiva da seduta di aromaterapia psichedelica.

 

Non finisce però tutto nello stesso calderone e non vuol dire che, assorbendo una grande varietà di stimoli, tirerò fuori un carnevale di lavori nuovi e tutti diversi.

 

Il dialogo tra ispirazione e selezione è una parte molto importante nella vita di un creativo, fa parte di una maturità che si acquisisce col tempo e credo meriti qualche pagina tutta per sé che andremo magari a scoprire in qualche articolo futuro.

 

Nel frattempo spero di aver fatto vibrare qualche nota attraverso la condivisione di quello che è stato il mio percorso finora e quello che si trova ancora in piena evoluzione,

sia in chi sente di condividere esperienze simili,

sia in chi magari ha quel piccolo o grande cambiamento in incubazione, che comincia appena a prendere forma o grida già da un bel pezzo.

 

In ogni caso se vorrete raccontarmelo, o farmi sapere cosa è emerso da questa lettura potete commentare l’articolo, o scrivermi in direct su Instagram o anche tramite mail all’indirizzo noemisaviano@effimerolab.it

 

Un grande abbraccio vibrante

 

Noemi 

 

 

 

*Citazione da un intervento pubblico di Michela Murgia, ripresa come titolo di un evento in memoria della scrittrice a cui ho partecipato a Settembre, organizzato da Carolina
Capria
 presso “La scatola lilla”, libreria di Milano.

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