Potremmo dividere il mondo in chi ama feste e ricorrenze e chi le odia o si limita ad ignorarle, ma tra tutte ce n’è una che riesce a far passare al lato oscuro anche qualche animo gioioso: parliamo di San Valentino.
Cos’ha di così irritante un giorno apparentemente innocuo come la festa degli innamorati?Forse fa sentire più triste chi innamorato non è? Sicuramente in qualche caso si, ma sembra che siano spesso gli innamorati stessi a non apprezzarlo definendolo inutile e storcendo il naso.
Le sue origini sono abbastanza nebulose perchè partono da riti ancestrali dedicati alla fertilità, poi sostituiti in parte dal Carnevale, in parte dal culto di San Valentino di Terni, il quale forse salvò una fanciulla dalla povertà donandole una dote che le permettesse di sposarsi (in una società in cui il lavoro delle donne non era previsto o non abbastanza retribuito il matrimonio era l’unica garanzia di una vita dignitosa), e probabilmente sfociati nella pratica folkloristica che intrapresero gli innamorati di tutto il mondo di inviare lettere d’amore all’abbazia benedettina a lui dedicata, e che a loro volta si sono trasformate nei regali e nei bigliettini tanto criticati della tradizione dei giorni nostri.
Diciamo che il problema, come un po’ con tutte le ricorrenze, è che la pubblicità, la televisione, i social e “il mondo delle immagini” (come lo chiamo io) tende a standardizzare e appiattire tutto talmente tanto da far in modo che non rappresenti più praticamente nessuno, trasformandolo in una sorta di “diktat sociale” con aspettative precise, protagonisti stereotipati e soprattutto il celeberrimo consumismo a farla da padrone.
Ho domandato alle persone che seguono il mio profilo Instagram cosa ne pensino di San Valentino, e devo dire che il ventaglio di risposte non mi ha stupito, seppur nella sua
varietà.
D’altronde in quanti ancora possono dire di riconoscersi nell’immagine di una dolce coppietta (ovviamente etero) che si tiene per mano in un costoso ristorante a lume di candela con le immancabili rose rosse, scambiandosi cioccolatini e regali a forma di cuore?
Ma soprattutto, se non ci fosse stato propinato “dall’esterno” questo quadretto, in quanti
avrebbero spontaneamente scelto di celebrare così il proprio romanticismo?
Ci siamo un po’ stufati delle ricorrenze preconfezionate, e soprattutto di veder rappresentato insistentemente cosa dovremmo desiderare, come dovrebbero essere le nostre relazioni, come dovremmo spendere i nostri soldi, e direi che ci mancherebbe altro, anche.
Ma se non dovesse essere necessariamente così?
Perdonatemi un po’ di retorica e di semplificazione, adesso, ma a volte le domande più scontate risultano più utili di quanto non ci aspetteremmo:
Accusiamo a volte il Natale, san Valentino, la festa della mamma/della donna/del papà (ognuno scelga quella che ama di meno), di essere vuoti pretesti pieni di ipocrisia in cui ci si riempie la bocca di frasi fatte e ci si scambiano regali e fiori in nome di sentimenti che magari nemmeno proviamo,
ma ci siamo mai domandati perché ci si aspetta di viverli così?
Ci siamo mai domandati perché NOI, in prima persona (sempre che lo facciamo) ci scambiamo regali, andiamo a cena fuori, organizziamo pranzi in famiglia, facciamo sorprese?
E nel caso in cui scegliamo di ignorare la ricorrenza, non sentendola nostra, stiamo semplicemente rifiutando in todo tutto ciò che implica o stiamo operando una reale scelta?
Nel mio personalissimo percorso di maturazione ho imparato che davanti a ciò che è sempre stato così, domandarsi un “perché”, un “cosa cambierei” e “cosa andrebbe mantenuto”, rivela spesso scenari inaspettati ed evoluzioni interessanti.
Un po’ come quando esce un nuovo tormentone o un nuovo blockbuster al cinema, ed abbiamo la tentazione di demolirlo perché “o sei con la massa, o sei contro la massa”:
mi fa sempre sorridere questo modo di ragionare (a cui non sono estranea eh), perché se ci pensiamo bene rifiutare qualcosa perché piace a tutti non ha nulla di diverso dall’accoglierla per lo stesso motivo.
Tornando a San Valentino, devo dire di condividere molto di alcune risposte che le mie follower “favorevoli” hanno condiviso con me: è un’occasione.
Nella vita le occasioni spesso cambiano le cose, ma se in positivo o in negativo, poco o tanto, non dipende da loro in sé, dipende tutto da come ci trovano e dall’uso che decidiamo di farne.
Le squadre di pensiero servono solo a buttare tutto dentro o a rimandare tutto al mittente senza realmente farsene nulla, mentre osservare la singola cosa, la singola ricorrenza e la singola situazione domandandosi in che modo possa tornarci utile ed in che misura invece non ci serve, fa un’enorme differenza e ci permette di vivere le cose in maniera più autentica e consapevole.
Allora se non ci piace San Valentino (o il Natale o qualsiasi altra festa) ci siamo domandati mai realmente il perché?
Se la risposta è perché non ci rappresenta il modo in cui viene festeggiato, ci siamo poi domandati noi come lo faremmo?
Se la risposta è “perché non c’è bisogno di una ricorrenza per amarsi e farsi i regali”, ci siamo poi domandati quanto spesso nella realtà ci ritagliamo un momento per far sapere all’altro/a quanto è importante, per godersi una serata dedicata al proprio rapporto, per fare qualcosa di diverso e nutrirsi con un po’ di attenzione e bellezza?
E se fosse anche solo il pretesto per regalare qualcosa che l’altro/a desidera, o andare in un posto che vuole provare da tempo?
Vista così non mi pare una cosa con grandi controindicazioni, tuttavia non è certo mia intenzione difendere il San Valentino o convincere qualcuno a rivalutarlo perché in realtà non l’ho mai effettivamente festeggiato nemmeno io, ma penso che sia bello poter sfruttare il pretesto per un gesto d’amore e di attenzione: come far recapitare la pizza preferita a domicilio quando si è lontani (true story), o passare in pasticceria prima di rientrare a casa, o lasciare un messaggio perché quel giorno ti fa pensare a quanto sei fiero/a della persona che hai accanto.
Certo puoi farlo tutti i giorni, ma ce n’è uno che sta già sul calendario e che ti mette a disposizione semplicemente un’occasione in più.
Il resto direi chissenefrega.